sabato 13 agosto 2011

"מַכַּת בְּכוֹרוֹת ~ Makat b'chorot" [racconto]


Non sono arrivato nella top 5 di Nero Angeli, putroppo. Questo concorso però è stato una manna dal cielo: mi ha permesso di confrontarmi e mettermi in gioco come mai avevo fatto prima. E, soprattutto, mi ha dimostrato che se sono arrivato in finale così schifo poi non faccio.
Questo è il racconto che avevo proposto, un "retroscena" biblico con un antagonista piuttosto interessante.

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EDIT 24/11/2011

Per la serie "chi non muore si rivede", eccomi qui a togliere il link al racconto. La ragione è che... MI PUBBLICANO!!!
Sì, proprio così: la giuria del concorso Nero Angeli ha ritenuto tutti e 13 i finalisti validi al punto da concedere la possibilità a tuttii di trovare spazio nell'antologia in cui verranno raccolti. Inutile dire la soddisfazione che provo.

Per il resto, ho evidentemente trascurato il blog. Il motivo è che ultimamente ho molto meno tempo da dedicare alla lettura e alla scrittura, ma ciò non significa assolutamente che le abbia abbandonate (non lo farò MAI), né che voglia abbandonare l'idea di un blog. E' probabile che in un futuro più o meno prossimo faccia un totale revamp del blog, quasi sicuramente cambiando anche il nome e allargando lo spettro dei contenuti: non più quindi solo letteratura e scrittura, ma qualcosa di più variegato.
Ci penserò.

venerdì 15 luglio 2011

Game of Thrones: stagione uno [Recensione]


Lo so, ho detto fin dall'inizio che avrei trattato solo di letteratura e narrativa in questo blog, e ora eccomi qui a recensire una serie tv. Se faccio un'eccezione è perché si tratta dell'anticipatissima versione per il piccolo schermo di A Song of Ice and Fire di George R. R. Martin.
L'ambiziosissimo piano che la HBO si è riproposta è di adattare ogni libro della saga in una stagione. Il progetto, considerato che raramente la HBO va oltre la quinta stagione di un telefilm e che il budget in gioco pare essere stato spropositato, suona quanto mai azzardato. Ma almeno una prima stagione c'è stata, e ce la siamo goduta.

Ora, prima di iniziare a parlare seriamente, vorrei dire un paio di cose:
1) a chi ritiene la saga di Martin un capolavoro di profondità e di ricchezza di tematiche narrative, e non vuole sentire ragioni perché A Song of Ice and Fire è la serie più adultissimissima e più letteraria di sempre;
2) a chi si indigna se le trasposizioni da libro a schermo non sono minuziosamente fedeli in ogni singolo dettaglio;
...bene, ho un messaggio per voi: AVETE ROTTO LE PALLE.
Parliamoci chiaro. A Song of Ice and Fire è intrattenimento puro. Potete cercare tutti i significati reconditi che volete, tutte le simbologie di questo mondo, ma resta il fatto che la serie è fantasy puro e semplice e va presa per quello che è.
Questo significa che sia un prodotto scadente? Assolutamente no. Ce ne fossero di più di saghe fatte così bene! Quello che secondo me riesce davvero bene a Martin è la costruzione di una trama di ampio respiro, che coinvolge un cast enorme di personaggi perfettamente caratterizzati. Non brillano certo per originalità, al contrario di quanto i fanboy possono affermare: abbiamo la regina bella ma stronza, il re ridanciano e rubicondo, il lord onesto che non si farebbe corrompere pena la vita, la principessa iperfiga con gli occhi viola e via dicendo. Se i personaggi risultano inquadrati tutti in un certo ruolo fisso, non possiamo di certo dire che non siano presentati con grande maestria.

La prima stagione di Game of Thrones, che adatta l'omonimo primo libro, è magistrale nel riprodurne lo spirito. Ma se per ovvie ragioni di tempo e di spazio l'ampiezza della trama è in un certo qual modo sacrificata, ne guadagnamo in uno spettacolo visivo di altissima qualità, e in personaggi resi più umani e sfaccettati di quelli a cui Martin ci aveva abituato. Non sempre le psicologie vengono riprodotte tali e quali sono sulla carta (e qui i puristi hanno avuto di che indignarsi!), ma a parer mio questo non è stato altro che un bene: abbiamo una Catelyn più materna e determinata, un Robb con molto più spazio, un Viserys totalmente pazzo e megalomane, ma il personaggio che forse ha guadagnato di più è Daenerys, a cui l'ottima Emilia Clarke ha dato una vena di vulnerabilità e di normalità che mancavano alla sua versione cartacea. Qualche riserva per Lena Headey, una Cersei molto meno avvelenata e focosa che gioca più sui toni sommessi e sull'essere subdola.
Eccellente anche il cast secondario (tra tutti Mia Soteriou/Mirri Maz Duur e Natalia Tena/Osha), e anche i membri più giovani: non ho mai amato gli attori bambini, ma qui sono tutti bravi e Maisie Williams (Arya Stark) è semplicemente favolosa.

Praticamente nulli i cambiamenti riguardanti la trama. Ammetto di non ricordare perfettamente quella del libro, ma ora come ora posso dire con sicurezza che l'unica modifica davvero significativa sia stata l'eliminazione delle parti ambientate a Riverrun e i relativi personaggi. Poco male: avendo visto la serie a distanza di anni dalla lettura del libro non me ne sono nemmeno accorto, ed è stato un bene affrontare la visione senza dei continui termini di paragone con lo scritto.

Vogliamo parlare dei difetti? Perché un po' ce ne sono stati, anche se si fanno perdonare largamente. Primo: l'abbondanza di spiegoni nei primi quattro episodi, che per carità, erano anche necessari, ma rallentavano di molto l'azione. Secondo: se negli episodi seguenti gli infodump sono diminuiti, non è stata una scelta felice quella di camuffarli con delle sexposition, affidate praticamente tutte alle orecchie della prostituta Ros, personaggio originale creato appositamente per la serie (e per gli spiegoni con tette, aggiungerei io: vedi il punto più basso dei dieci episodi, l'imbarazzante scena saffica con Littlefinger dell'episodio 7). Terzo: il taglio totale delle battaglie degli ultimi capitoli, che avvengono offscreen. Questo non è un vero difetto, anche se c'è la sensazione che manchi qualcosa, ma è servito a farmi riflettere su come potranno mai affrontare le ben più difficoltose scene di battaglia dei prossimi libri.

Trattandosi di un prodotto HBO, mi sento in dovere di aggiungere che violenza e sesso abbondano: abbiamo teste mozzate, lingue strappate, coltelli infilati negli occhi; e abbiamo anche degli abbondanti full frontal di svariate prostitute, un paio di nudi maschili, e degli abbondanti primi piani del sedere di Jason Momoa/Khal Drogo nell'episodio 2. Tutto reso con discreta classe, se consideriamo che tette e sangue sono praticamente la regola per la HBO.

Insomma, una prima stagione solidissima. Mai in tv il fantasy è stato più serio, lontano anni luce dal fantatrash a cui svariate serie ci avevano abituato. Buone anche le musiche e buona la regia. Strepitose le location: abbiamo la Scozia, l'Irlanda, e infine Malta, che ci regala una King's Landing molto più mediterranea di quanto mi sarei aspettato. E dulcis in fundo, menzione speciale per la fotonica sigla a ingranaggi (vedere per credere!).

Intanto è già partito il casting per la seconda stagione, e abbiamo già una Margaery e una Brienne. A rivederci alla prossima primavera.

giovedì 14 luglio 2011

Nuovi link/Nuovo layout

Intervento velocissimo per informare che, per chi non se ne fosse accorto, zShare aveva cancellato i file dei racconti che avevo archiviato. Li ho rinnovati tutti, e ora sono ospitati da 4Share.

Ho cambiato layout. Non so se ne sono pienamente soddisfatto: è probabile che nei prossimi giorni lo cambi nuovamente.

Non sono riuscito a preparare la recensione di Game of Thrones per il 12, giorno in cui è uscito A Dance with Dragons. Niente paura, tra un paio di giorni al massimo sarà qui. Aspettatevi anche un nuovo racconto in un prossimo futuro.

giovedì 7 luglio 2011

Varie ed eventuali

Sì lo so, sono terribilmente discontinuo con i post. Maledetta università.
Faccio questo piccolo post solo per dare una parvenza di attività al blog e per far sapere a quei due gatti che (forse) mi leggono che ci sono delle novità in arrivo.

Innanzitutto il 19 giugno è finita la prima stagione di Game of Thrones, l'eccellente adattamento televisivo di A Song of Ice and Fire di George Doppia R Martin. Una recensione è in arrivo e, tempo permettendo, la farò coincidere con la data d'uscita di A Dance with Dragons.

Per continuare, ho abbandonato il progetto di un romanzo che da anni avevo in cantiere. Mi sono reso conto che il soggetto era troppo pretenzioso e che non ero ancora pronto per un'avventura del genere. In compenso mi sono buttato a capofitto in un altro progetto, forse ancora più ambizioso, trattandosi di una serie di cinque romanzi autoconclusivi, ma che mi sta dando più soddisfazioni. Se la pigrizia non mi sconfiggerà potrei decidere di postare qualche estratto.

Per finire, un piccolo intervento per il mio ego: sono tra i tredici finalisti del concorso Nero Angeli, indetto da Nero Cafè. Ora che l'ho detto sicuramente mi porterò sfiga da solo, ma pazienza. Volevo renderne partecipe qualcuno.
Il mio racconto si intitola Makat b'chorot, che è un'espressione ebraica (no, non vi dirò che significa, cercatelo da soli), ed è ambientato nell'egitto d'epoca biblica.
Sono molto contento di essere stato selezionato anche solo per aver avuto la conferma che dai, così schifo poi non faccio.

That's all, folks. A presto (spero)!

lunedì 30 maggio 2011

"Gardens of the Moon" [recensione]

Gardens of the Moon (I giardini della Luna) è il primo libro della saga The Malazan Book of the Fallen di Steven Erikson, titolo tradotto assolutamente a caso nell'edizione italiana in La caduta di Malazan: evidentementemente a qualcuno è sfuggito il fatto che Malazan è un aggettivo, non un nome, e che almeno fin qui non c'è in vista nessuna caduta (o quasi).

Questo Gardens of the Moon mi ha lasciato stranito per circa duecento pagine abbondanti, pagine in cui veniamo letteralmente sommersi di nomi, di eventi, di informazioni solo accennate nei dialoghi dei personaggi senza che l'autore ci dia la minima informazione su cosa stia succedendo. Cosa accade quando un mago accede al suo Warren (canale in italiano, anche se sarebbe più corretto qualcosa come labirinto)? Chi è in realtà questa imperatrice Laseen sempre sulla bocca di tutti? Lo possiamo solo immaginare, e il quadro generale che ne esce è quello di un mondo in cui la magia è dietro l'angolo, un mondo che ha alle spalle una storia di guerre continue e che ora è pressato dall'avanzata di questo temibile Impero Malazan.

Venire catapultati nella storia in medias res senza uno straccio di introduzione è una mossa azzardata, che potrebbe far chiudere il libro a metà a più di un lettore. Tanto più che nemmeno la trama è chiara: solo alla fine del volume, quando le storie di tutti i personaggi convergono negli eventi ambientati nella città di Darujhistan, iniziamo a vedere un filo conduttore che accomuna i destini di un cast di presenze enorme. Il difetto principale di un'opera del genere è forse questo: essere troppo estremista nel rifiutarsi di concedere il minimo infodump, col rischio di alienare i lettori meno vogliosi.

Ma se da un lato è un limite, questa caratteristica rappresenta paradossalmente anche un lato affascinante di Gardens of the Moon: il ricevere informazioni col contagocce fa intuire che sotto alla superficie il mondo di Erikson è enorme, come è smisurata la storia che gli sta alle spalle. Abbiamo esseri vecchi di centinaia di migliaia di anni, città e rovine la memoria del cui passato si è persa negli eoni. Giova in questo il passato da geografo e archeologo dell'autore, perfettamente disinvolto nel darci l'idea dello scorrere di un tempo smisurato e nel delineare razze e popoli credibilissimi seppur inventati di sana pianta senza il minimo riferimento al nostro, di mondo.

Non aspettatevi troppe emozioni. I personaggi sono talmente tanti che ho trovato impossibile provare empatia per loro: si alternano sulle pagine a una velocità impressionante, quasi che Erikson non voglia intenzionalmente farci affezionare a loro. E non è nemmeno la loro caratterizzazione il punto forte del libro, bensì una necessità di raccontare ogni singolo evento come in un libro di storia, fornendoci così un arazzo impressionante che fa intuire l'enorme portata della trama che ci aspetta nei nove libri successivi.

Gardens of the Moon è fantasy puro. Ci sono maghi, alchimisti, razze fantastiche e magia "urlata". Sto provando un leggero fastidio ultimamente per fantasy di questo tipo, ma se ce ne fossero di più come questo, fatti con la stessa cura e la stessa passione, non mi sarebbe difficile cambiare idea.

Il sito di Stephen Erikson: www.stevenerikson.com

Piccola nota: il mondo di The Malazan Book of the Fallen è stato creato da Erikson assieme a Ian Cameron Esslemont (a cui Gardens of the Moon è dedicato), che sta scrivendo un'ulteriore saga ambientata nello stesso mondo sotto il nome di Novels of the Malazan Empire.

lunedì 16 maggio 2011

"Le apparizioni della monaca affranta" [racconto]

















Questo è uno dei primi racconti che ho scritto. Mi rendo conto rileggendolo che è un polpettone abbastanza pretenzioso, ma ci sono affezionato. L'ho inviato al concorso Nella Tela! 2010, con risultati sconosciuti. Forse è meglio per il mio orgoglio continuare a ignorare la posizione in classifica.

Probabilmente noterete certi nomi e riferimenti che vi faranno spuntare un punto di domanda nel cervello. Non voglio spiegare nulla, dirò solo che il racconto è ambientato in un mondo di mia creazione su cui rimugino ormai da anni.

Buona lettura!

DOWNLOAD PDF: Le apparizioni della monaca affranta

sabato 7 maggio 2011

"White as snow"


White as Snow, inedito in Italia, è un romanzo di Tanith Lee, autrice britannica estremamente prolifica che purtroppo sembra passare inosservata. E' una delle sole sue due opere che abbia letto, ma è bastata a farmi mettere in programma di lettura praticamente tutta la sua bibliografia reperibile, che spazia da libri per bambini al fantasy, dall'horror alla fantascienza.
Il romanzo è parte della Fairytale Series, una collana edita da Terri Windling che raccoglie opere basate sulle fiabe più svariate. Tanith Lee non è nuova al genere fiabesco: nei primi anni '80 ha pubblicato Red as Blood, una raccolta di racconti anch'essi basati su fiabe più o meno note, tutti di ottima qualità, capaci di reinventare con soluzioni intriganti le storie che già conosciamo, e di scavare nei loro significati latenti portandoli alla luce con un'abilità sottile.
Tra le fiabe rivisitate in Red as Blood c'era anche quella di Biancaneve, ri-narrata in modo sovversivo nel racconto che dà il titolo alla raccolta: qui la dolce principessina che i più conoscono dal film della Disney era una inquietante creatura vampirica che la cristianissima regina decideva di eliminare per il bene del regno.

La storia di Biancaneve è ripresa in White as Snow in un modo del tutto diverso. La Lee punta qui sull'aspetto mitopoietico della vicenda, e arriva a portare tale aspetto alle estreme conseguenze intrecciandovi il mito di Demetra e Persefone con una coerenza ammirabile.
La trama è semplice: Arpazia è la matrigna della fiaba (che qui non è per niente una matrigna, ma la madre biologica dell'altra protagonista), una ragazza che viene stuprata quando un condottiero di nome Draco conquista il castello di suo padre. La prende in moglie, diventa re, e lei a sua volta diventa regina. Lo shock dello stupro e del vedersi strappata dal vecchio mondo che conosceva porta Arpazia a rigettare il frutto della violenza subita, la principessa Candacis che tutti chiamano Coira, e a sviluppare un'ossessione per uno specchio (che sia magico o meno è lasciato decidere a noi). Arpazia si rinchiude sempre di più in se stessa e nelle sue stanze, viene dimenticata da tutti e scivola sull'orlo della pazzia fino all'inevitabile tragico finale.

White as Snow è un romanzo in cui non succede quasi nulla. Se ne guardino bene gli amanti del fantasy machista alla Martin o alla Erikson. E' un romanzo in cui si sente pesantemente la mano narrante di una donna, ma attenzione, è una mano spietata, oscura. Tutto è giocato sulle dinamiche di attrazione/repulsione tra le due protagoniste che, paradossalmente, sono quasi all'oscuro delle reciproche esistenze.
La componente mitopoetica e simbolica è fortemente espressa dal personaggio di Arpazia, che arriva a incarnare una figura materna terribile, irrazionale, una dea madre che divora i propri piccoli per poter sopravvivere. Coira, d'altra parte, è la duplice Cora/Persefone della mitologia, vergine sulla terra e regina della morte nell'aldilà, ruolo che nel libro viene espresso con una discesa all'inferno non solo psicologica, ma anche fisica. Arpazia e Coira sono dei personaggi talmente simbolici che nel romanzo risultano addirittura spersonalizzate dalla quantità di nomi con cui vengono chiamate, e Tanith Lee si guarda bene dal farci coinvolgere emotivamente da loro: non sono che due burattini nelle mani di una storia più grande di loro, un ripetersi ciclico che può avere un solo esito.
Delle due è Arpazia a spiccare: il ritratto di una donna alienata e ossessiva è magistrale, ed è chiaro che è lei di cui la Lee importa di più raccontare. Ma è anche quella verso cui l'autrice è meno indulgente: non ci sarà alcuna redenzione per Arpazia, nessuna pietà. Coira è una figura più vaga, passiva, meno coinvolgente di Arpazia. Ma è a lei che, contro ogni aspettativa, viene affidato un finale speranzoso, che fa chiudere il libro con un sospiro di sollievo dopo pagine e pagine in cui non si respira altro che disperazione.

Uno dei punti forti della Lee, a quanto ho sentito, è la sua prosa. E a giudicare da quanto ho letto è proprio così. Un narrare etereo, fumoso, ricco di aggettivi e di suggestioni. Sembra quasi che non ci sia affatto una narrazione, ma piuttosto una sequela di immagini della consistenza di un sogno (o di un incubo).
Un plauso lo merita anche l'ambientazione, un medioevo immaginario in un mondo altrettanto immaginario di cui non viene svelato assolutamente nulla, contribuendo in questo modo al tono rarefatto della prosa e della vicenda. Belle anche le suggestioni del mondo pagano, di cui la Lee coglie perfettamente lo spirito.

Degna di nota pure l'introduzione di Terri Windling, un piccolo saggio esaustivo sulla fiaba di Biancaneve e sui significati nascosti che col tempo si sono persi.

Una delle migliori letture degli ultimi tempi.