mercoledì 19 gennaio 2011

Hermione vs. Bella


Non fatevi fuorviare dall'immagine. Sì, è abbastanza demenziale, ma conto di mantenere un tono relativamente serio nel post. Questo non è un intervento anti-Twilight. Mi piacerebbe molto scriverne uno, ma non ho né le doti umoristiche necessarie, né le basi per farlo, visto che non ho letto ben poco della saga. Finirei per sfigurare davanti a certe denigrazioni geniali che si trovano in rete.
Mi preme ripetere una cosa: NON ho letto interamente la saga. Tutto quello che so deriva da stralci trovati in internet, spezzoni letti in libreria, e le informazioni che mi sono arrivate quasi per osmosi per colpa del vergognoso battage pubblicitario. Quello che so, comunque, è abbastanza da giustificare un post. Anzi, vi dico di più. Nel futuro potrebbe venirmi la voglia di autolesionarmi e di leggermi tutti e quattro i romanzi della Meyer: se allora mi ricrederò per esperienza diretta - cosa che ritengo improbabile - verrò qui a fare ammenda pubblicamente.

Passiamo al dunque. Vorrei comparare le figure femminili principali delle due saghe per ragazzi che hanno raggiunto il maggior successo negli ultimi anni, Twilight e Harry Potter (e questo l'ho letto eccome). Niente di più lontano, sia in quanto a contenuti, sia in quanto a stile che a valore dell'opera. E sono agli antipodi anche le rispettive eroine, Hermione e Bella.
Hermione è stata da sempre il mio personaggio preferito di Harry Potter. È una ragazza indipendente, intelligente, spocchiosa al punto giusto, che non si fa mettere i piedi in testa e che possiede una logica di ferro. Ha un senso del dovere e della giustizia ineccepibile, ma soprattutto riesce a farsi strada facendo affidamento sulle sue stesse capacità.
Con questo non voglio dire che adori per partito preso i personaggi puliti e moralmente integri. Anzi, non è affatto così: il più delle volte è l'ambiguità e la crudeltà ad affascinarmi. In questo caso però stiamo parlando di un romanzo per ragazzi. Possiamo girarci attorno quanto vogliamo, e dire che la serie di Harry Potter è maturata negli anni, ma rimane comunque una serie per ragazzi. E in una serie per ragazzi un personaggio come Hermione è un raggio di sole, un modello che non potrebbe essere altro che positivo per ogni ragazzina. Intendiamoci, non stiamo parlando di una supergirl, ma di una figura normalissima: con tutti i suoi pregi, Hermione in fin dei conti è un'adolescente che potrebbe esistere nella vita reale. Studia, si arrabbia, scherza, si innamora, cresce... Non è nemmeno bellissima stando a quanto scrive la Rowling. Ma è un personaggio a tutto tondo, ha delle ambizioni e lavora sodo per ottenere quello che vuole.

Passiamo dall'altra parte. Bella Swan è anche lei una ragazza normale. Da quello che so nei romanzi non dovrebbe essere quella gnocca imperiale che hanno piazzato nei film (correggetemi se sbaglio). Però, però: a quanto pare Bella non ha uno scopo nella vita. L'unica gratificazione che trova nell'esistere è solo quella di stare assieme ad un uomo, un uomo che per giunta continua a rifiutarla causandole un dramma perpetuo. In Bella vedo un'adolescente disturbata, priva di un minimo di confidenza in se stessa, e non ci sarebbe nulla di male se la Meyer la trattasse come tale. Ma invece no, nelle sue mani Bella diventa un'eroina: non importa quanto si comporti stupidamente o quanto si lagni, perché tanto ci sarà sempre un uomo che verrà a salvarla.
Trovo agghiacciante l'epilogo della vicenda, in cui dopo tanto penare, dopo tante umiliazioni, Bella ottiene quello che vuole e diventa un vampiro. Può sembrare una sciocchezza, ma vi leggo un sottofondo disturbante, ossia: puoi aggirare i tuoi problemi e sfuggire dalla mediocrità della vita diventando qualcosa che non sei. Bella non matura, non cambia, ma diventa qualcun altro. Trova la realizzazione nell'uniformarsi totalmente al suo uomo, nella gravidanza e nel matrimonio (a 18 anni o giù di lì, per giunta).
Tutto ciò, in un contesto rivolto a delle giovani ragazze, è inammissibile. Fa ridere, è vero, ma pensare che esistono schiere di ragazzine che trovano Bella un modello da imitare è desolante.

Come è desolante anche il modo in cui la Meyer parla della sua creazione. Ora, non vorrei parlare a sproposito, ma mi pare evidente che vi abbia riversato tutte le fantasie/problematiche che si portava dietro dalla gioventù. Spero vivamente sia così, perché altrimenti significherebbe semplicemente che la Meyer è una persona disonesta e sappia bene quanto sia diseducativo il modello che propone.
Tutt'altra storia la Rowling, che è sempre stata molto ironica e leggera nel giudicare i suoi personaggi.

Vogliamo parlare poi del ritratto distorto dell'amore che la relazione tra Bella e Edward offre? La loro è una storia continuamente segnata dal dramma. Non c'è niente di romantico, niente di tenero; sono due personaggi monolitici che si amano perché dev'essere così. Bella vede in Edward una figura da idolatrare, e subisce passivamente le crisi esistenziali di lui nei confronti di lei. Sembra non avere un minimo di dignità, un minimo di amor proprio: è emblematico il fatto che si faccia scarrozzare sulla schiena di Edward o prendere in braccio di continuo, gesti che enfatizzano quel suo (non)carattere di figurina autolesionista in balia delle sue stesse ossessioni.
E Hermione? Dai, lo sospettavamo un po' tutti che sarebbe finita con Ron, ma com'è stato delicato l'evolversi della loro storia! Due persone che crescono assieme, consapevoli dei reciproci pregi e difetti. Non mancano le difficoltà, ma in questo caso sono risolte con ironia (sia lodata Hermione che scaglia lo stormo di uccelli su Ron!) o con obiettività (Hermione non cade in una depressione acuta quando Ron se ne va, ma continua a cercare gli Horcrux perché è giusto così).

Ho letto in giro di come molti sostengano che la saga di Twilight promuova un'immagine romantica e sognante dell'amore, priva di eccessi e quindi adatta al suo pubblico. Be', sono tutte scuse. Twilight non ha nulla da insegnare. Quella tanto idolatrata innocenza che gli appioppano non è altro che astinenza. Sì, perché la fregola sessuale si respira come l'aria: Bella è ossessionata dal desiderio di avere un rapporto sessuale con Edward, il quale puntualmente frustra le sue aspettative. Non c'è niente di romantico, c'è solo il gusto del proibito, del pericoloso, e una moralità opprimente che deriva dritta dal background mormone della Meyer.
Quando finalmente Bella vede appagate le sue voglie, seppur da sposata, sembra ricevere una sorta di punizione divina: non solo resta incinta, ma partorisce in una delle sequenze più raccapriccianti che abbia mai letto, rischiando pure la vita.
Questo sì che è educativo. Altro che quei lussuriosi dei ragazzi di Harry Potter!

Insomma, un bel passo indietro rispetto a quelle eroine forti e determinate che erano Xena, Buffy e tutti loro derivati. Hermione è stata una loro evoluzione, in cui la forza fisica e il machismo erano sostituiti dall'intelligenza. Bella non ha nulla: è solo il triste ritratto di una generazione.

E ora, se qualche povera anima passasse di qui per contraddirmi, ben venga! Sto giusto aspettando di essere spronato a leggere per intero la saga per veder confermate le mie teorie.
Intanto torno a rileggere Harry Potter.

mercoledì 12 gennaio 2011

"Kushiel's Dart" - Kushiel's Legacy: libro 1


Ho letto questo libro già da un paio d'anni, ma mi sto dilettando con la versione inglese da qualche giorno. Kushiel's Dart (uscito in Italia con il titolo Il dardo e la rosa) è il romanzo di debutto di Jacqueline Carey, autrice dell'Illinois amante dei viaggi e della mitologia. Le sue passioni sono evidentissime nel mondo da lei creato, che non è nulla di nuovo in realtà, ma un eccentrico e immaginifico pastiche di culture, religioni e popoli reali assemblati in modo anacronistico: avremo così una Caerdicca Unitas e un'Aragonia (Italia e Spagna) dal sapore rinascimentale, un Khemet (Egitto) spiccatamente ellenistico, un'Alba e una Skaldia (Britannia e Germania) ancora ferme ad una società tribale, e così discorrendo. La geografia stessa è identica a quella reale: cambiano solo tempi e nomi dei luoghi. Il fulcro delle vicende è Terre d'Ange, una Francia alternativa che molti descrivono come rinascimentale, ma che a me ha dato più l'idea di uno splendido barocco seicentesco. Terre d'Ange è una nazione fondata da una schiera di angeli discesi sulla Terra centinaia di anni prima dell'inizio delle vicende. Tra questi, tre sono di fondamentale importanza nella saga: il Kushiel che le dà il nome, angelo del castigo divino; Elua, figlio del sangue di Yeshua e aborrito dall'Unico Dio; Naamah, angelo femmina legato alla sessualità e al piacere.
La cultura di Terre d'Ange si è sviluppata sotto il precetto di Elua, "love as thou wilt" ('ama a tuo piacimento'), dando così origine ad una società in cui l'amore non ha limiti né di età, né di genere, né di orientamento sessuale. E' nata inoltre un'organizzazione, la Corte dei Fiori Notturni, dedita interamente al culto di Naamah sotto forma di prostituzione sacra. All'interno di questa Corte troviamo all'inizio del romanzo la protagonista, Phèdre, la cui eloquiente voce narrante ci accompagna nelle sue avventure in giro per il mondo. Phèdre non è però solo una prostituta, ma viene allenata da un misterioso mentore per diventare una spia, in modo da sventare un complotto ai danni del trono di Terre d'Ange che si rivelerà ben più intricato di quanto sembrasse.

Kushiel's Dart è un romanzo bizzarro. Inutile dire che ciò che attrae di più l'attenzione al primo acchito è la sua forte componente erotica, che in molte scene prende toni che sfociano nella pornografia vera e propria, nonché in diverse situazioni sado-masochistiche. Quest'ultima considerazione è importante alla luce della natura di Phèdre, che si rivela ben presto essere marchiata da un dio: nel suo occhio sinistro è presente infatti il Dardo di Kushiel che dà nome al libro, segno che Phèdre è un anguissette, prescelta dell'angelo del castigo e quindi propensa per natura a trarre piacere dal dolore.
Non si deve però commettere l'errore di pensare che l'elemento erotico sia gratuito e inserito solo per conferire un tono scabroso al romanzo. Tutto è trattato non solo con la massima serietà, ma addirittura con sacralità: Phèdre è ciò che è in quanto reverente a tre divinità. Elua, sotto il cui precetto d'amore tutti sottostanno; Kushiel, di cui reca il marchio e la cui giustizia crudele deve servire per natura; e Naamah, di cui è serva come tutti i membri della Corte dei Fiori Notturni. E' in onore di quest'ultima che vende il suo corpo ai suoi patroni, stabilendo un tramite tra lei e la dea. Potrà sembrare inconcepibile ai più, ma la prostituzione sacra era una realtà molto diffusa nel vicino Oriente, specialmente in relazione a Grandi Madri come Ishtar, Astarte e anche Afrodite (ho scritto un racconto a tal proposito intitolato Testimoni della venuta di una dea per il concorso Ucronie Impure; a risultati annunciati lo pubblicherò).
E' raro che in un fantasy medio il tema religioso sia tanto significativo: spesso e volentieri le mitologie sono inserite come modo per dare sapore a mondi fantastici, ma in Kushiel's Dart la fede di Phèdre si respira, è viva, e le causa non pochi dubbi e problemi, specialmente nei libri successivi. Ho letto molte recensioni in cui si lamentava una certa blasfemia o dei toni erotici troppo accesi ma, lasciatemelo dire, sono problemi dei recensori, e non di certo del romanzo.

Passando alla storia in sé, il libro si presenta diviso nettamente in due parti: la prima, che tratta dell'infanzia e dell'addestramento a spia di Phèdre fino alla rivelazione dei piani dell'antagonista Melisande (che sarà la sua nemesi per tutta la durata della saga), e la seconda, in cui in coppia col monaco cassiliano Joscelin l'eroina si troverà alle prese con la minaccia degli Skaldi. Devo ammettere che ho trovato molto più interessante la prima, una vera girandola di sensualità, intrighi (anche fin troppo complessi), passioni, in cui si gode appieno del mondo creato dalla Carey. La seconda parte si adagia su toni un po' più convenzionali e, forse per questo, perde un po' del mordente che caratterizzava la prima.
Nonostante ciò, la trama è comunque robusta, è autoconclusiva - qualità rara in una saga - ed è tenuta in piedi da un buon cast di personaggi tra i quali spicca ovviamente Phèdre, protagonista donna per una volta pienamente consapevole delle sue capacità, dei suoi limiti, della sua intelligenza e della sua bellezza, che non scivola nel classico luogo comune della figa emancipata (passatemi il termine) e testarda. Meravigliosa Melisande, una delle migliori bitch che abbia mai letto: la sua relazione con Phèdre è interessante e verosimile, e la sfida che le lancia avrà degli strascichi significativi che proseguiranno per il resto della saga. Molto belli anche Waldemar Selig e Ysandre, ma soprattutto Anafiel Delauney, la cui storia struggente viene dipanata pian piano durante la prima parte (segnalo il bel racconto You, and You Alone - che tratta della storia d'amore tra Delauney e Rolande - uscito nell'antologia Songs of Love and Death curata da George Martin).

E' degno di nota lo stile di scrittura della Carey, sontuoso, elegante e dal tono un po' antiquato, ricco di termini come thus, mayhap, betwixt, e di eufemismi bizzarri (carinissimo 'perla di Naamah' per indicare il clitoride). Incredibile a dirsi, la valida traduzione di Elisa Villa gli fa onore.

Un libro da leggere. Non per tutti i gusti, forse, ma non per questo meno valido.


Il sito di Jacqueline Carey: http://www.jacquelinecarey.com/